Natalie Goldberg diceva – e scriveva nel suo strepitoso “Scrivere Zen”  – che lo scrittore vive due volte. È vero!  Ciò che vedi, osservi, assapori, annusi, tocchi, vivi nella quotidianità poi la trasferisci sulla pagina, all’interno del mondo da te plasmato a suon di parti del discorso. E non sto scherzando! Provate a litigare con una preposizione quando risulta ostico scegliere quella corretta oppure quella più appropriata. Si entra e si esce da un dizionario alla velocità della luce rischiando una multa oppure di trovarsi in stato di ebbrezza  per overdose di grammatica. Però nel momento in cui metto il punto alla fine di una frase o di un racconto e torno a rileggere ciò che ho creato, ecco che rivivo un’emozione, un sentimento, un’atmosfera. Ecco che cosa sostiene la Goldberg. E spesso registro ciò che più mi colpisce nella mia quotidianità e poi lo trasferisco in un contesto cartaceo.