“Ogni scrittrice e ogni scrittore spera che le proprie parole aprano una porta, offrano un passaggio di luce attraverso cui il lettore possa spingersi. Io, per il mio lavoro, sogno questo sogno.”

Questa frase si trova nella Prefazione del libro “Il valore di una donna” di Marianne Williamson. L’ho letto anni fa e in questi giorni ci sono ritornata e come spesso accade – direi sempre, a essere onesta – sono stata colpita da una frase che in precedenza nemmeno avevo notato. Nonostante l’avessi letta, non mi si era appiccicata addosso in modo particolare. Ieri, invece, ha fatto “BOOM!!!” Dentro di me, naturalmente.

Mentre leggevo, ogni parola creava una piccola breccia nel tessuto del mio sentirmi scrittrice, un “Sì, sì, anche per me è così!”. Arrivata alla parola porta mi sono sentita ispirata, il termine luce ha consacrato il progetto iniziato con “Sguardo di Donna”: usare la scrittura per portare al mondo un percorso che ho iniziato più di vent’anni fa. Attraverso la scrittura ho sempre avuto l’obiettivo – e questo fin dal romanzo “Risalire la china” – di creare scritti di qualità scendendo nel cuore della Vita. Ho trattato argomenti che facessero riflettere, ho offerto spunti per guardarsi dentro, sempre con eleganza e stile. Non si tratta di essere auto-referenziale, ma di ringraziare chi mi ha fatto da specchio nel rimandarmi ciò che aveva pensato fra le pagine di Risalire la china, Serendipity, Sguardo di Donna, Diario del ben-essere, gli articoli del blog.

La frase della Williamson, quindi, si è manifestata al momento opportuno per aiutarmi a fare chiarezza su quello che è il mio percorso professionale come scrittrice. E non solo. In ogni pagina inietto me stessa anche se ciò che ne esce non è autobiografico. Sembra un controsenso, ma non lo è. Più di una volta mi è stato chiesto se ciò che scrivo è autobiografico, soprattutto con i primi due romanzi. La mia risposta è stata un nì. Mi spiego. Le vicissitudini di Michela o di Roberta, di Monica o di Caterina, non sono le mie, ma è indubbio che per quanto io mi ponga all’esterno e cerchi di essere una spettatrice il più obiettiva possibile (ho già scritto che uso molto la visualizzazione e i “colloqui” con i miei personaggi), le emozioni sono filtrate da me, volente o nolente. Portare in uno scritto le esperienze di un personaggio del quale devi “creare” la vita, sia fisica che psicologica, significa anche fornire uno spazio, racchiuso fra la prima e la quarta di copertina, in cui muoversi, protetti, ma con potenzialità infinite per la propria quotidianità. Questo è sempre stato l’obiettivo. Indagini dal punto di vista storico, ricerche su ambienti fisici per fornire la cornice ideale (e sognare un po’), esplorazioni della mia e altrui interiorità: questi i primi passi, le fondamenta. Nel corso degli anni ho aggiunto il risultato dei miei studi e Sguardo di Donna (Ed. Rupe Mutevole) è stato un punto di arrivo e contemporaneamente il punto di partenza per un nuovo cammino che spero sia illuminato da quella luce che ispira il lettore, ma che, prima, ha stimolato lo scrittore, la sottoscritta.

Intanto il “Diario del ben-essere” (Ed. Rupe Mutevole) è un passo ulteriore, proprio nella direzione di cui parlo nelle righe sopra. In questo testo, che non è un romanzo, ci sono pagine da leggere e molte pagine da scrivere. Onde evitare fraintendimenti, questo Diario è per il ben-essere di chi legge, di chi lo fa proprio attraverso gli spazi, vuoti o rigati, su cui seminare la propria vita.